Sulla copertina bianca del bel libro di Marco Onofrio spicca un quadrato, al cui centro sta un buco nero racchiuso in un cerchio bianco, da cui s’irradiano fitte linee alternativamente bianche e nere. Una figura senza contorni, non delineata da limiti, stimola suggestioni e fantasie, senso di vertigine, di presenza del vuoto, di un abisso che attende buio.
Chi scrive conosce bene tale sensazione di vuoto, di esistenza quasi irreale in un luogo incerto, senza orizzonte e senza punti di riferimento. Non più sicuro si sente il burattino, passione di Marco Onofrio, scrittore anche di testi teatrali, che si muove sostenuto da fili che «si perdono nel cielo»; fili invisibili sia che il poeta abbia omologato il burattino alla marionetta (effettivamente sostenuta da vari fili invisibili che ne producono i movimenti imposti dal marionettista), sia che si tratti di un vero e proprio burattino, che non è sostenuto da fili ma mosso dalla mano del burattinaio, infilata sotto la veste, che è «padrone» e «Sire» del «Burattino ironico e sublime. / Buffo. A disposizione». I movimenti innaturali del burattino forse raffigurano metaforicamente la condizione esistenziale dell’uomo, sottoposto alla tirannia del vuoto, dell’essere «senza lati» (“Burla”).
Marco Onofrio supera la condizione di burattino buffo dalla vita fittizia guidata da altri e mira verso l’alto, l’immenso, direi quasi l’infinito. Scrive, infatti: «Beati quelli che si accontentano / delle nuvole: io, per me, basto / alle stelle», ove il verbo ‘bastare’ indica non il limite delle sue aspirazioni, ma piuttosto l’anelito del suo animo verso l’infinito. Nella strofa precedente aveva affermato: «L’immenso è troppo vasto / per farsi quietamente / una ragione», mentre nell’ultima strofa dice: «Il filo che mi teneva in piedi / è sempre più liso, sempre più / sottile. Devo afferrarmi / al mondo, ormai, / per non cadere.». Dunque, tornando alla metafora del burattino, Marco Onofrio non può che ammettere: «e la speranza / è disperazione». (“Ai bordi di un quadrato senza limiti”).
Sono tutte pregevoli le poesie di questa scelta, cui chi scrive si attiene in mancanza del libro completo, non ancora in suo possesso. Sembra, tuttavia, opportuno evidenziare alcuni versi “passim” per dimostrare l’intensità dell’immaginazione, il perfetto ritmo metrico, la nitidezza, musicalità, accuratezza del dettato, ben lontano da certi sperimentalismi lessicali, strutturali e ritmici (a-ritmici?).
«Cercammo Dio: non c’era. / La bestia ci sorprese tutti quanti. / Di tante anime ritornò nessuna.» (“La bestia”). E anche «La morte ci tiene nel suo grembo / ci culla, madre della bocca / che usiamo per mangiare / baciare, parlare, vivere / del cielo che racchiude il nostro corpo: / la soglia da cui esce lo spirito, nel mondo / ed entra il vuoto dell’immensità / lungamente s’insinua, faticosamente / ovunque intorno a noi / è dentro noi.» (“La scrofa”).
La poesia “Tuffarsi” è tutta un gioiello, nel pensiero e nel dettato. Efficace la metafora del ‘tuffarsi’; in questa composizione non un tuffo nel mare che inghiotte o in un fiume che trascina via, ma: «Tuffarsi e via, lasciarsi andare / lungo il sottilissimo crinale / che separa l’ora dalla fine… // E il senso?». Che senso ha la vita? Affascina, infatti, quel sottilissimo limite tra il Tempo e il “non più”, il “non esserci più”.
Il senso del libro, oltre che nel disegno simbolico posto in copertina e nella poesia eponima, pare si trovi nella composizione “Quale centro”, soprattutto nei versi finali «Non si esce da quel cerchio / a non finire. / E intorno a quale centro, / incontro a cosa?». Un senso di smarrimento, d’indeterminatezza, una mancanza di finalità dell’esistenza coglie il lettore di fronte a queste domande. «… in quale Itaca / troverò me stesso?» si chiede Marco Onofrio in “Oltre l’orizzonte”. Itaca è una meta, un punto fermo, un desiderio che deve avverarsi; ma dove, ma quando?
Altre poesie si distinguono per le immagini create con grande abilità evocativa, come “Montecristo”, «Ombrosa, isola isolata», e “Infiorescenza”, con cui piace concludere questa lettura
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«La notte passa radiosa
della sua luce invisibile
con gli occhi di una sposa che sorride:
diamanti smerigliati di rugiada
sui vetri dove, tra meno di un minuto
squillerà il mattino.»
Giorgina Busca Gernetti
Marco Onofrio, Ai bordi di un quadrato senza lati, Marco Saya Edizioni, 2015, pp. 78, € 10
Pubblicata nel blog L’Ombra delle Parole, 14 maggio 2015
Grazie
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Marco Saya Editore, Milano. Puoi trovare il libro al Salone di Torino proprio in questi giorni oppure chiederlo alla casa Editrice oppure su IBS. Grazie . Giorgina
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Non conoscevo Marco Onofrio, spero di trovare il libro. Grazie per la segnalazione.
Buona Vita. Tony
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